Dalì aveva un fratello, era morto da piccolo e si chiamava come lui, Salvador.
Era cresciuto con la voce di sua madre che ossessionata gli diceva sempre “Salvador non prendere freddo o ti ammalerai o morirai come tuo fratello” e questo ricordo d’infanzia lo perseguiterà per tutta la vita e sarà la chiave di lettura di come questo giovane spagnolo di Figueres diventerà uno degli artisti più famosi al mondo.
Dalì voleva dimostrare alla famiglia e al mondo che lui non sarebbe mai morto, che lui non era il fratello morto, lui era vivo, LUI ERA SALVADOR DALÌ. Una difesa sincera e ferrea alla sua identità, alla sua unicità, alla sua vita che era unica e non era la copia di quella di qualcun’altro.
La morte non lo spaventava, lo “terrorizzava profondamente” come confidò in un’intervista. Passò anni della sua vita alla ricerca dell’immortalità, si dedicava all’alchimia, ma non era uno dei suoi giochi, uno dei suo trucchi; cercava seriamente di trovare qualcosa che lo rendesse vivo per sempre.
Poi capì che era invano tentare di sfidare le leggi della natura, che prima o poi la morte avrebbe colto anche lui come tutti, che non ne era immune e allora c’era solo un modo per vincere la paura di morire: vivere. Ma non vivere in maniera comune, in maniera mediocre, non quel vivere sussurrato di tante persone che non lasciano segno del loro passaggio sulla terra, ma un vivere urlato, gridato, ampliato, portato all’eccesso. Godere di ogni cosa con passione e urlare al mondo la sua presenza.
Tutti dovevano sapere chi era Salvador Dalì e più se ne parlava e più lui sarebbe stato vivo per sempre.
E capì che anche l’amore era un dolce modo per ingannare la morte, amò un’unica donna per tutta la vita, Gala, sua musa, compagna, amante e amica. Dopo anni di matrimonio lui le regalò un castello come nelle migliori fiabe, lei lo accettò con l’unica condizione che Dalì potesse accedervi solo su richiesta e solo se lei voleva, come nei migliori matrimoni che sanno sempre tenere accesa la fiamma e il desiderio dell’altro.
Per decenni è stato un personaggio iconico, poliedrico, surreale, provocatorio, bizzarro; ma per molti era solo un folle, un clown , un esibizionista.
Si spense trent’anni fa all’età di 84 anni. E a dispetto di cosa il mondo pensasse di lui, diventò leggenda. Diventò ciò che avrebbe sempre voluto diventare: immortale.
Questo articolo è stato ispirato dalla visione del docu-film “Salvador Dalì. Alla ricerca dell’immortalità” del programma La Grande Arte al Cinema, progetto originale esclusivo di NexoDigital, in collaborazione con Radio Capital, Sky Arte e MYmovies.it.
per approfondimenti su La Grande Arte al Cinema vedi il sito ufficiale: http://www.nexodigital.it/
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